Marsala è senza dubbio la cavalla più famosa d’Italia: Giuseppe Garibaldi diresse con lei la spedizione dei Mille, partendo dal regno delle due Sicilie.
Garibaldi era un grande amante degli animali: la sua fattoria contava centinaia di bovini, capre, maiali, asinelli, cani e gatti. Non è un caso dunque se fu il co-fondatore della Società protettrice degli animali, l’attuale Enpa.
Fu il Marchese Angileri a regalare Marsala a Garibaldi, che prende il nome dall’omonima spiaggia siciliana in cui avvenne lo scambio. Dopo essere entrato con lei a Palermo il 27 maggio 1860, Garibaldi la porta con sé a Caprera, e non se ne separerà fino alla sua morte, avvenuta a 30 anni nel 1876. Sono entrambi seppelliti nel giardino di casa del condottiero.
Anche se si tratta di un cavallo “finto” e leggendario, il cavallo di Troia resta uno dei più famosi della storia. Dopo averlo costruito sotto suggerimento dell’astuto Ulisse, i greci lo offrirono in dono ai Troiani come simbolo di finta resa. Una volta portato dentro le mura della città i soldati greci, nascosti nel ventre cavo del cavallo, uscirono nella notte, sconfiggendo definitivamente i troiani e ponendo fine ad una guerra durata dieci anni.
Ronzinante è il cavallo di Don Chisciotte, l’eroe dell’omonimo romanzo di Miguel de Cervantes. Protagonista dell’opera è Don Chisciotte della Mancia, squattrinato hidalgo e grande sognatore che, accompagnato dal suo scudiero Sancio Panza, decise, ispirato dalle avventure dei romanzi cavallereschi, di diventare cavaliere e partire in cerca di avventure. Il nome del suo destriero deriva da “ronzino”, termine utilizzato per indicare cavalli meticci e non di razza, e fu scelto dal cavaliere perché gli sembarva un nome “maestoso”.
Nonostante Ronzinante fosse un cavallo dalla cattiva conformazione, Don Chisciotte lo considerava alla pari dei destrieri dei grandi condottieri. Più che per il suo aspetto o la sua stirpe, Rocinante è riconosciuto per la sua incomparabile lealtà.
Copenhagen è passato alla storia per essere stato il cavallo con cui il Duca di Wellington sconfisse Napoleone durante la battaglia di Waterloo, nel 1815. Di razza anglo-araba, fu chiamato così in onore della seconda battaglia di Copenhagen, combattuta e vinta dagli inglesi nel 1807. Dopo un breve periodo come cavallo da corsa, fu venduto nel 1813 al Duca di Wellington. Copenhagen era un cavallo comunicatore: era solito salutare le truppe con dei sonori nitriti e calciando all’aria.
Il giorno prima della battaglia, il Duca di Wellington lo cavalcò ininterrottamente per dodici ore; il fatidico 18 giugno, Copenhagen resse per 15 ore, al termine delle quali aveva ancora abbastanza energia per calciare (affettuosamente) il suo padrone. Copenhagen morì il 12 febbraio 1836, all’età di 28 anni; fu sepolto nel parco del castello di Stratfield Save House. La sua lapide recita: “Il più umile strumento di Dio, per quanto infima argilla, dovrebbe condividere la gloria di quel giorno glorioso”. Di lui, il Duca scrisse: “Ci saranno cavalli più veloci e indubbiamente più belli, ma in quanto a resistenza non ne ho mai visti di simili!”
Temuto e allo stesso tempo deriso, l’imperatore Caligola (37-41 d.C) è passato alla storia come uno dei sovrani più tiranni e dispotici della storia dell’impero romano. Caligola era particolarmente appassionato di eventi equestri, in particolare le corse dei carri che si tenevano al Circo Massimo. Al tempo i cavalli venivano utilizzati moltissimo, sia in battaglia che per le competizioni sportive, ed erano simbolo di potenza e nobiltà.
Le scuderie che si sfidavano a Roma al tempo di Caligola erano quattro, e la scuderia dei Verdi era la sua preferita. In particolare, Caligola era molto affezionato al cavallo Incitatus, che viziava moltissimo: la sua scuderia era di marmo e la sua mangiatoia era d’avorio. Incitatus aveva inoltre una schiera di servitori a sua disposizione. Caligola amava condividere la cena con Incitatus, e faceva servire il cibo in brocche d’oro massiccio.
Secondo gli storici, pare che Caligola nominò Incitatus console, per schernire la suprema magistratura di Roma; la nomina non durò a lungo, perché l’imperatore fu assassinato in una congiura di palazzo.